Paolo Dinuzzi è un Bassista - Compositore che nasce professionalmente a livello musicale negli anni novanta, dopo aver frequentato la Jazz University di Terni, dove ebbe l’opportunità di studiare con personaggi del calibro di Massimo Moriconi, Enzo
Pietropaoli e Bruno Tommaso, nonché il batterista Antonio Dilorenzo, che
di li a poco lo introdusse nei gruppi del compianto pianista Gianni Lenoci. La sua musica è una raffinata esecuzione Jazz, morbida e vellutata e che arriva al cuore stimolando le sinapsi e aprendo mente ed anima. Uno stile così pregiato che ti spinge ad utilizzare ogni pezzo come colonna sonora quotidiana.
Fu per lui una scuola di formazione fondamentale, che lo portò a svolgere concerti con
grandissimi musicisti come Pino Minafra, Gianluigi Trovesi, e molti altri.
Nel 1995 decise di intraprendere un proprio percorso musicale, motivato dal desiderio di conoscere e di crescere sia umanamente che artisticamente. Partì per l'Inghilterra e un anno dopo per la Germania, dove entrò a far parte di una importante accademia: la "Folkwang" di Essen. La possibilità di studiare con musicisti internazionali, come il bassista Michael Schurmann, o il batterista Sperie Karas che a suo tempo collaborò con Charlie Parker, o il contabassista John Goldsby che possiamo ascoltare su innumerevoli Abersold, lo ha segnato profondamente come la "fortuna" di essere in costante contatto
con musicisti di tutte le parti del mondo, ha influenzato il suo modo di concepire la musica.
Nascono così vent'anni di collaborazioni, dischi e concerti in tutta Europa, con musicisti tedeschi, bulgari, turchi, russi, ucraini etc...
"E' stato un pò come fare il giro del mondo in musica"
ci dice Paolo.
Tornato in Italia sente forte l’esigenza di testimoniare questa lunga esperienza, con un
disco che raccontasse questo passaggio.
“Invisible” edito dalla GleAM Records è un disco del ritorno.
Ci sono Brani come “South” che racconta la malinconia di chi vive lontano dalle sue radici
e “I’m back” che crudelmente smonta questa malinconia riportando alla difficile realtà del
sud Italia. “Skin” che è un movimento di danza (la Folkwang è famosa in tutto il mondo perché nel dipartimento di danza insegnava la grande Pina Bausch, dalla quale ha tratto non poca ispirazione.
Il brano “Quattro” che prende spunto dall’architettura tedesca, dal Bauhaus e le sue linee geometriche, taglienti.
“Talking with Nina” che racconta del rapporto con la sua amata gatta e dei suoi ragionamenti, che lei pazientemente ascolta muovendo le orecchie con un grande punto interrogativo negli occhi.
“Emergency": Un brano dedicato a Gino Strada, ma più in particolare al drammatico
momento storico che stiamo vivendo. Vorrebbe essere un brano delicato, come chi si
prende cura degli ultimi, una utopica carezza contro la barbarie umana.
In ultimo, perché gli ultimi saranno i primi, il brano “Invisible” che dà il titolo all’album.
Il tema dell’invisibilità ha molte sfaccettature. La musica è invisibile, anche se può riuscire
ad evocare delle immagini nell’ ascoltatore. Invisibile è la cultura, perché non è più
rappresentativa della società. Invisibile è il lavoro dell’artista, che per dare qualcosa di
personale, è costretto a spogliarsi del suo bagaglio e ricominciare ogni volta da zero. Uscire dal proprio corpo e diventare “Invisibile”.
ASCOLTA I BRANI:
Scopri di più su Paolo Dinuzzi:
Sito web: https://paolodinuzzi.com/
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Foto:
Articolo di: Nicola Scillitani
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