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I RAGAZZI DI OGGI SONO EMPATICI?

Della d.ssa Kristen Iaria - Un ragazzo di 16 anni sviene in classe: i compagni pensano sia morto. Viene trasportato in Codice Rosso in ospedale e per alcuni giorni non frequenta le lezioni scolastiche. La coordinatrice di classe, l’insegnante di Lettere, si informa sulle condizioni del giovane ma mostra incredulità quando sente la voce della madre del ragazzo che dice che nessun compagno si è informato per sapere come stesse. Non manca il “rimprovero” alla scolaresca, ma invano, solo 3 compagni mostrano interesse inviando il messaggio, forse scontato, ma che socialmente tutti si aspettavano “come stai?”. Questo è un evento accaduto in una scuola Secondaria di Secondo Grado alla periferia di Parma.



Quindi la vera domanda è perché i giovani d’oggi non sono empatici? Se confrontiamo i vari dati dagli anni ’80 si può notare un netto calo empatico. L’empatia, la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d'animo o nella situazione di un'altra persona, è diventata un argomento e una caratteristica off limits. I ragazzi del 2023 sono estremamente centrati su di sé, sono narcisisti, competitivi, individualisti e molto sicuri di sé. La vincita o ri-vincita del narcisismo? Occorre precisare che esiste una differenza importante tra la sicurezza di sé, che pone se stessi in contrasto con gli altri, e l’autostima, che valorizza il singolo ma senza metterlo in competizione con l’ambiente sociale che lo circonda.

La “Generation Me”, ovvero la generazione dei futuri adulti, è fortemente centratura su sé stessi con una dote nella svalutazione degli altri. Vivono come se non fossero “animali sociali” ricchi di relazioni con gli altri e quando si ritrovano in un confronto giocano tutte le carte possibili (e impossibili) per passare dalla parte della ragione, attivando spesso vittimismi.


Ma perché l’empatia è diminuita così tanto? Ovviamente ci sono molteplici ipotesi ed è possibile che i fattori in gioco siano molteplici.

Negli ultimi anni è aumentato il tempo di esposizione ai media (TV, digitale, social media) e si calcola che i giovani oggi dedichino a questi tre volte tanto del tempo rispetto ai ragazzi degli anni ’80 e ‘90.

Un’altra causa possibile è che il mondo è diventato molto selettivo: la competizione è penetrata a fondo nel tessuto sociale (dall’economia alla ricerca) e le aspettative di successo sono molto più alte oggi rispetto a quanto non lo fossero anni fa. Oggi trovare un lavoro, acquistare una casa e vincere un concorso è molto più difficile del passato: la selezione si è fatta sempre più severa, una sorta di selezione non più naturale ma sociale. Ed è proprio in questo clima che non c’è più spazio all’empatia: malessere, rabbia e isolamento diventano i nuovi mood di vita.

A molti ragazzi manca l’A-B-C dei sentimenti: l’empatia inizia in famiglia e continua a scuola. L’empatia si va formando in adolescenza: è una dimensione da coltivare però per tutta la vita, soprattutto nell’epoca della rivoluzione digitale che tende a trasferire nel virtuale, spesso sullo stesso piano, emozioni e sentimenti del mondo reale.

È tempo che gli adulti si riapproprino del loro ruolo educativo, sostenendo nei ragazzi la maturazione dell’empatia e smettendo di giustificare comportamenti sbagliati che, attraverso i social, rischiano di depotenziare e disattivare funzioni vitali per una società fondata sul rispetto dell’altro. È tempo di tornare ad essere “PIÙ SOCIALI” ma “MENO SOCIAL”.





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